TramaEpidico, il servo che dà il nome alla commedia, deve intervenire due volte per assicurare al proprio padroncino le ragazze di cui è innamorato. La prima volta Stratippocle si innamora di una suonatrice di cetra, ambita anche da un soldato. Epidico fa quindi credere a Perifane, padre di Stratippocle, che la ragazza sia in realtà sua figlia, avuta in giovane età. Il senex, quindi, la affranca.
Stratippocle parte poi per la guerra, e si innamora di una seconda ragazza, Telestide. Per affrancarla contrae un debito con un usuraio, e torna quindi ad Atene. Epidico elabora quindi un secondo piano per trovare il denaro con cui ripagare l'usuraio: dice a Perifane che il figlio si è innamorato di una cortigiana, gli suggerisce di comprarla per battere sul tempo il figlio e di rivenderla a un soldato interessato alla ragazza. Epidico noleggia quindi una nuova suonatrice per recitare la parte della cortigiana.
Gli imbrogli sono però scoperti. Giunge ad Atene il soldato che non riconosce nella suonatrice noleggiata la donna che gli interessa. Arriva poi anche Filippa, antica amante di Perifane, che non riconosce nella prima suonatrice di cetra acquistata da Perifane la figlia avuta dalla loro antica relazione. La figlia è però riconosciuta proprio nella seconda amante di Stratippocle, Telestide.
La recensione
La commedia "Epidico" in scena al Teatro Arcobaleno dal 14 al 23 aprile 2023 ed apprezzata questo pomeriggio, ci riporta alla vicenda tipo plautina: un servus callidus è colui che serve per aiutare gli amori del padroncino Stratippocle, facendo uso della sua astuzia e tramando inganni ai danni del vecchio padrone.
Siamo nell'Atene del II sec. d. C. e l'abile e straordinario Marco Simeoli, Epidico appunto, illustra la storia al pubblico in sala con la speranza di essere stato sufficientemente chiaro e in un baleno ci si ritrova tra adolescenti innamorati senza speranza, figli legittimi e illegittimi, amanti, usurai, vecchi, padri, eroi vanaglorosi e tombole napoletane, già napoletane.
Il linguaggio plautino è adattato a quello attuale e l'uso del dialetto napoletano è assai efficace per divertire lo spettatore stordito per la velocità delle scene e dei colpi di scena che si susseguono senza sosta in questo splendido atto unico tradotto da Filippo Amoroso e diretto da Cinzia Maccagnano con le bellissime musiche di Germano Mazzocchetti, le maschere di Luna Marongiu e i costumi di Monica Mancini.
Oltre al citato Maestro Marco Simeoli, che incanta al pari di un guitto della commedia dell’arte, c'è al suo fianco un nutrito gruppo di attori da applaudire a partire da Cesare Biondolillo, Luna Marongiu, Salvatore Riggi, Mariano Viggiano, Ginevra Di Marco e per finire Gaia Bevilacqua tutti abilissimi nei travestimenti, nelle danze che si alternano alla recitazione dando prova di una tecnica e di talento sorprendente anche per l'uso delle maschere in scena.
Non mi resta che invitare gli amanti del repertorio classico a seguire questo spettacolo in scena al teatro Arcobaleno fino al 23 aprile