“Oggi è la giornata mondiale del teatro chiuso” ho letto sulla pagina Instagram di Francesco Paolantoni, è purtroppo cosi però oggi si festeggia il teatro per cui vorrei pubblicare la storica recensione di Miseria e Nobiltà, vista al Brancaccio e rappresentata da Paolantoni, Paone e un cast di attori bravissimi. Non per niente la regia era di Armando Pugliese.
La recensione di Tania Croce
Ha debuttato al Brancaccio “Miseria e Nobiltà”, uno dei capolavori di Eduardo Scarpetta, il padre di un personaggio ironico e divertente come Don Felice Sciosciammocca che nell’adattamento del regista Armando Pugliese, viene affidato a Francesco Paolantoni. Nella riduzione in forma attuale di un testo della tradizione napoletana come quello di Scarpetta, il regista, pur restando fedele all’originale nella renovatio ha dovuto riformulare la materia artistica per creare forme autonome e attuali. La riduzione a due tempi della commedia in tre atti, è una delle modifiche apportate al testo originale. Il linguaggio scenico è squallido, povero ed evoca la condizione di povertà in cui sono costretti a vivere Pasquale (Nando Paone), sua moglie Concetta (Patrizia Spinosi), Peppiniello (Riccardo Radice), Felice (Francesco Paolantoni), la convivente Luisella (Antonella Cioli) e Pupella (Paola Boccanfuso), la figlia di Pasquale. Questa è la Miseria, poi c’è la Nobiltà rappresentata da Gaetano Semmolone (Giuseppe De Rosa) il quale accoglie in casa sua la presunta famiglia di nobili Felice, Pasquale, Concetta e Pupella che si travestono da marchesi dietro il suggerimento di Eugenio (Lello Radice) il figlio del marchese Ottavio Favetti che si fa chiamare Bebè, per conquistare la figlia di Gaetano, la ballerina Gemma (Mercedes Martini). Lo stratagemma adottato da Eugenio è quello di presentare la finta famiglia di Eugenio al padre dell’amata Gemma. Ma c’è un fatto, anche Bebè suo padre, è segretamente innamorato della ballerina che segue tutte le sere al San Carlo di Napoli. I poveri vestiti da ricchi possono finalmente mangiare. Iniziano a farlo già alla fine del primo tempo quando per volere di Luigino (Francesco Procopio) il figlio di Gaetano che è follemente innamorato della chiatta Pupella, avanza uno sguattero con dei facchini che portano una grande stufa. «Senza parlare, si avvicinano alla tavola e posano a terra, ai piedi di Felice, la stufa. Il facchino va via poi torna con due fiaschi di vino. Lo sguattero scopre la stufa, tira fuori una grossa zuppiera di maccheroni, poi dei polli, del pesce, due grossi pezzi di pane, tovaglioli e posate». Questa scena ricorda quella dell’omonimo film in cui la parte di Felice venne interpretata da un famelico e straordinario Totò. Gli attori e le attrici della Komiko Production, è formata da attori notissimi e bravi che hanno fatto rivivere la commedia napoletana ottocentesca con i suoi eterni quanto infallibili meccanismi. Bellissimi i costumi di Raimonda Gaetani, le scene di Bruno Garofalo e le musiche di Paolo Coletta. Indiscusso il talento di Francesco Paolantoni, l’attore comico che ha messo nella sua interpretazione di Felice Sciocciammocca oltre all’innata ironia, la battuta del suo Ciairo “parlaim e ‘nce capaim” che oltre ad essere un leit motive del suo personaggio, descrive il dramma dell’incomunicabilità. Roma, Brancaccio, 13/11/07