La recensione
“Cazzi la gòmena” di
fantozziana memoria, potrebbe essere il leit-motiv della pièce con impronta
decisamente mediterranea, localizzata in un’isola libica vicina a Cirene.
Una Cirenaica che
appare baricentro di passaggio per ogni tipo di navigante, ma qui quasi invasa
per l’atavico effetto migratorio da popoli del mare di varie estrazioni, ma
resi volutamente caricaturali.
Quattro romani doc,
di cui il protagonista, Mormora di nome, nato però ad Atene, il quale in finale
mormorando mormorando, quale deus ex machina, riesce a risolvere con
ragionamenti appena accennati, ma che poco hanno di matematico, una situazione
ingarbugliata, con messaggi di buoni sentimenti.
Le due prostitute
Ombrina ed Alghetta, di cui una
risulterà essere la figlia scomparsa del Mormora, e già oggetto di riscatto da
parte di un fantomatico Cavallo Marino, di lei innamorato, sempre citato ma che
non appare mai nella scena.
Un pescatore, servo
di Cavallo Marino, che arriva - materialmente in teatro - con una barca di
salvataggio, sfuggito ad un naufragio di cui sono state vittime anche le due
dame, che si sono salvate altrimenti.
Un pescatore sardo,
che con i guerrieri shardana ha nulla in comune, pescatore di fatto e di nome,
che usa più che la lingua sarda un poco credibile ma simpatico grammelot fatto
di eccessi di “Ayò” e di “cappito mi hai”, nonché alcuni membri di cori dai
bassi profondi tipici dei tenores sardi, dall’aspetto più vicino ad un
Archellino un po’ becero che ai mamuthones.
Non poteva mancare uno Squalo, di nome
e di fatto, (di nome Demone nell’opera originale), siculo doc, di professione
magnaccio, l’eroe cattivo che spesso accenna a comportamenti di stampo mafioso.
Siamo di fronte ad una
versione fiabesca ma ancor più riadattata all’odierno, di un’opera teatrale già
altamente attuale, al Teatro Arcobaleno fino al 20 gennaio 2019.
di GUIDO DEL CORNO’
Il COMUNICATO STAMPA
Dal
28 Dicembre 2018 al 20 Gennaio 2019, al Teatro ARCOBALENO (Centro Stabile del Classico) di Roma, la prestigiosa
Compagnia CASTALIA, presenta
RUDENS di T. M. Plauto, con l’adattamento e la regia di Vincenzo Zingaro. Con Ugo
Cardinali, Piero Sarpa, Rocco Militano, Fabrizio Passerini, Annalena Lombardi,
Laura De Angelis.
RUDENS è una delle commedie più
affascinanti di Plauto, dotata di
squisita freschezza e di atmosfere fiabesche, in virtù dell’inconsueta
ambientazione marina in cui si svolge la vicenda, da cui Shakespeare prese spunto per la sua celebre opera “La Tempesta”.
RUDENS è uno splendido
esemplare in cui intravedere il passaggio dalla Commedia greca alla Commedia
latina e a quella moderna, fino
alla Commedia musicale, di cui
Plauto può essere considerato il precursore. Lo spettacolare e divertente
allestimento di Vincenzo Zingaro, proprio
in forma di Commedia musicale,
restituisce tutti gli aspetti del teatro plautino, in un “gioco attoriale” che
recupera il filo che dal mondo classico si dipana fino a noi, enfatizzando tutti
gli aspetti fiabeschi e fantastici dell’opera: un’isola costruita nel teatro,
barche a vela che attraversano la platea per attraccare a un moletto a ridosso
della scogliera, l’imponente tempio di Venere, all’ombra del quale si staglia
la casa del vecchio Mormora, il cangiare del cielo dopo la tempesta, creano una
dimensione incantevole che proietta gli spettatori fuori dal tempo. Una
favola divertente per un pubblico di qualsiasi età, particolarmente adatta per
trascorrere le Festività con tutta la famiglia. Lo spettacolo prevede la SERATA SPECIALE CAPODANNO con brindisi
di mezzanotte, buffet dolce, riffa di capodanno e Festa con la Compagnia!
NOTE DI REGIA
RUDENS (La Gòmena) è una delle
opere più affascinanti di Plauto,
dotata di squisita freschezza e di atmosfere fiabesche, in virtù dell’inconsueta
ambientazione marina in cui si svolge la vicenda.
Basti pensare al prologo, in cui Giove, scatena una
terribile tempesta, in seguito alla quale viene affondata la nave del
fraudolento lenone. Si presume che proprio da questa scena Shakespeare abbia preso spunto per l’elaborazione del suo celebre
dramma “La Tempesta”.
Appare subito evidente che ci troviamo di fronte ad
un’opera estremamente interessante che, nel corso dei secoli, ha ispirato
insigni autori: dall’Ariosto, nella
“Cassaria”, al Ruzzante nella
“Piovana”, al Della Porta ne “La
fantesca”, e molti altri.
Dicevamo interessante, anche perché Plauto, in
maniera davvero inusuale, sembra in questa commedia aver preferito mitigare gli
eccessi puramente farseschi e licenziosi che contraddistinguono la sua
creatività, a favore di un tono generale più intimista, più attento a certi
aspetti etici, senza per questo nulla togliere al divertimento e alla
godibilità dell’opera, che, anzi, si presenta così più ricca di elementi
variegati. Per questa particolarità, si è pensato ad una maggiore aderenza al
modello greco, in questo caso offerto da Difilo,
celebre autore della Commedia Nuova, che offrì a Plauto anche il modello per la
più scollacciata “Casina”.
L’opera costituisce uno splendido esemplare in cui
intravedere il passaggio dalla Commedia
nuova greca (la nèa) alla
Commedia latina (la fabula palliata),
offrendo l’occasione di assaporare gli echi di tutta la tradizione teatrale
italica, fino ad abbracciare le più moderne forme di spettacolo, come la Commedia musicale, di cui Plauto può
essere considerato il precursore.
Infatti, la commedia plautina era composta da
diverbia (parti recitate) e cantica (parti cantate) e nessuno come Plauto
riuscì a fare di quest’uso variegato dell’espressione scenica un’arte così
grande. In RUDENS, l’aspetto musicale è strettamente legato all’elemento
fiabesco, che nel mio allestimento ho cercato di far rivivere fantasticamente:
un’isola costruita nel teatro, barche a vela che attraversano la platea per
attraccare a un moletto a ridosso della scogliera, l’imponente tempio di
Venere, all’ombra del quale si staglia la casetta del vecchio Mormora, il
cangiare di colori sul cielo dopo la tempesta notturna, sono tutti elementi che
contribuiscono a rendere il sapore di una grande fiaba. Una fiaba raccontata in
forma di commedia musicale, attraverso un “gioco attoriale” che cerca di
recuperare quel filo sottile che dal mondo classico si dipana fino ai nostri
giorni, fondato su un’istanza di comunicazione accessibile a tutti, semplice
nel suo rimando ad archetipi della rappresentazione della condizione umana. Per
questo, anche all’interno di una storia così delicata, rispondente ai canoni
della Commedia nuova greca, non ho potuto fare a meno di rintracciare elementi
di fescennini e soprattutto di farsa atellana, tipici della tradizione italica,
che costituirono la forza e il segreto del successo del nostro autore; elementi
che nel ‘500 confluirono in quell’importantissimo fenomeno chiamato Commedia dell’Arte e successivamente nell’Avanspettacolo e nella cosiddetta Commedia all’Italiana del nostro
cinema. E’ infatti nella scoppiettante comicità delle sue caratterizzazioni e
nella creazione di un “piano metateatrale”, all’interno del quale il pubblico
viene coinvolto in un continuo gioco di interazione, che si palesa tutta la
dirompente creatività di Plauto.
I suoi personaggi sono personaggi del popolo, che
egli sapeva rendere vivi attraverso l’uso di forti caratterizzazioni e di un
linguaggio molto vicino a quello del quotidiano, ricorrendo a neologismi, a
termini stranieri comicamente storpiati, a inflessioni dialettali, incastonando
il tutto in una vera e propria “partitura metrica”. Partitura che ho cercato di ottenere
attingendo allo straordinario patrimonio linguistico costituito dai nostri
dialetti (senza nessun intento realistico di connotazione geografica), così
ricco di colori e di sfumature sonore, più che mai adatte a dipingere il
carattere popolare dei personaggi plautini, e a restituirne tutta la
musicalità.
Cito, ad esempio, la scena in cui mi sono divertito
a “stilizzare” l’originale Coro dei pescatori (presenza del tutto inconsueta in
una commedia plautina), in un simpatico e bizzarro “Coro sardo”.
Ma ciò che colpisce di più in questa commedia è la
centralità dell’aspetto etico, come non ce lo saremmo mai aspettati dal teatro
di Plauto.
La sua rappresentazione del RUDENS sulla scena
romana, con tale ricchezza di motivi (al di là della strabordante vis comica), dall’avventuroso al
sentimentale, dallo sdegno al sollievo, dallo sbigottimento alla speranza,
sembra abbia voluto offrire agli spettatori un motivo di stupore e di
riflessione, con il quale l’autore prende le distanze da un concetto esclusivo
di effimera evasione.
Il Plauto farsesco a cui siamo abituati appare in
quest’opera mitigato a favore di istanze comunicative più delicate e profonde.
Forse, forte oramai della sua fama consolidata (la
commedia è datata intorno al 189 a. C.), il nostro autore si è sentito libero
di uscire dagli schemi consueti per “incontrare” il suo pubblico su un piano diverso.
Forse, passati gli anni della guerra punica e, dopo un decennio, passata
l'euforia della vittoria, gli umori dei cittadini volgevano ormai in direzioni
diverse: emergeva l'esigenza di una riforma del costume. Possiamo quindi
ipotizzare che l'estro del poeta abbia incontrato la particolare condizione dei
tempi: da questo incontro nasce RUDENS, un unicum
nel teatro di Plauto, in cui il Sarsinate, nel colloquio finale fra il vecchio
Demone e il servo Gripo, decide di lasciare agli spettatori un messaggio di
delicata e profonda saggezza sul concetto di onestà e di rispetto, contro
l’avidità, facendo di quest’opera una vera e propria favola senza tempo, adatta
ad un pubblico di qualsiasi età.
Vincenzo Zingaro
Biglietti:
Intero € 21,00
Ridotto € 17,00
Ridotto studenti € 14,00
Ridotto bambini € 10,00
Per la serata SPECIALE CAPODANNO: biglietto unico €
45,00
Ufficio
Stampa: Brizzi Comunicazione
06.39030347-06.39038091 - cell. 334 5210057
TEATRO ARCOBALENO (Centro Stabile del Classico)
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