Louis Wolfson e la sua straordinaria vita di scrittore diagnosticato schizofrenico e costretto a subire elettroshock che secondo gli psichiatri, nella narrazione di Louis in persona, di fronte alla macchina da presa di Duccio Fabbri, non avrebbero provocato danni al cervello solo perché non erano loro stessi a subirli, l’esperienza con la malattia mentale e con la psichiatria che lo scrittore considera la vera causa della sua schizofrenia, s’intrecciano con l’esigenza di cercare un idioma personale attingendo al tedesco, alla lingua ebraica e al francese, discostandosi dalla lingua madre, l’inglese, essendo nato nel Bronx. Questa estenuante ricerca di un linguaggio nel quale riconoscersi, è raccontata nel documentario seguito con trasposto e stupore, questa sera in prima visione su Rai5.
Duccio riesce a trovare in Porto Rico lo scrittore che attraverso le pagine di un racconto doloroso ed essenziale scritto da chi aveva l’estrema urgenza di raccontarsi e finito in una scrivania della Gallimard, affascinando Sartre, Lacan e Deleuze, era divenuto uno scrittore apprezzatissimo nonostante vivesse in solitudine e in condizioni precarie.
Si sente più a suo agio ammirando le stelle e il cielo che in mezzo agli uomini che non hanno fatto altro che deluderlo anche quando diventa milionario eppure perde la sua fortuna per colpa delle banche che investono il suo denaro in titoli fasulli.
L’eclissi ammirata sulla sdraia in spiaggia in compagnia della musica classica e della telecamera di Duccio, è un congedo dolce e romantico dallo scrittore perso tra le sue parole, gli amari ricordi e le miserie umane.
Visto ieri sera, una storia incredibile!
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