Sembra il titolo
di un noto romanzo di Marquez ma equivale a una realtà che non avremmo
mai immaginato di vivere il teatro ai tempi del Coronavirus.
Sono tante le idee e i progetti virtuali che i
teatranti stanno tentando di proporre e di realizzare per convivere con il virus nella
benvenuta Fase2 inaugurata il 4 maggio 2020 e dove resta il distanziamento
sociale che purtroppo non coinciderà con la riapertura dei teatri i quali non
potrebbero garantire il distanziamento tra le persone perché il teatro è la vera
e unica arte sociale sopravvissuta nei secoli.
Incontriamo il regista e attore Francesco Branchetti
per sapere quali sono i progetti rimasti in piedi, quali quelli rimandati a
tempi migliori e per scoprire il senso dell'esistenza di un artista senza teatro.
L'intervista di Tania Croce
Sei il primo attore che incontro virtualmente dopo due mesi chiusa
in casa, sospesa e speranzosa. Come ti senti, ti va di parlarmene?
Certo volentieri, si tratta di un momento drammatico
e lo è da tantissimi punti di vista sanitario, economico e sociale ed io lo sto
vivendo da casa nella sua drammatica realtà, che ha cancellato quasi tutta la
tournée del nostro ultimo spettacolo UN GRANDE GRIDO D'AMORE con Barbara De
Rossi, lasciandoci l'amaro in bocca e tantissima malinconia soprattutto pensando
a quanto lavoro c'era stato dietro alla costruzione delle due tournée
infatti stavamo in giro anche con l'altro spettacolo PARLAMI D'AMORE con
Natalie Caldonazzo, è stato terribile doversi fermare capendone la necessità,
ma vivendo tutto quanto con un sentimento di grandissima impotenza.
Questa pandemia ha messo in luce il fragile ruolo
dell'artista, illuminante, ispirato, creativo, in costante attesa dell'evento
da rappresentare e da condividere, ecco condividere. Cosa ti manca e cosa sarebbe
giusto cambiare per dare dignità al vostro mestiere, il giusto riconoscimento
anche economico?
Il nostro mestiere ha tantissime problematiche assai
complesse, si tratta di un lavoro che deve fare i conti con il mercato e non
sempre le regole del gioco sono giuste e facili da digerire; io dico spesso che
le regole si possono criticare, odiare si può tentare di cambiarle ma fino a
che queste regole esistono non tenerne conto porta a rimanere fuori a lavorare
poco e a livelli che danno scarse soddisfazioni economiche di conseguenza
la frustrazione, la disoccupazione, la sofferenza economica caratterizza spesso
la vita dell'artista e dell'attore. Credo senz'altro che ci vorrebbe maggior
rispetto per l'artista in genere e per i suoi sacrifici e credo che si potrà
fare qualche passo avanti con tanta lotta, ma credo anche che purtroppo la
nostra epoca considera troppo poco sacrificio ed impegno, i cosiddetti
valori "giusti"e riconosce con più forza altre cose come la fama e il
successo. Credo che l'attore debba fare il suo percorso sapendo tutto questo,
lottando per cambiare le regole e ottenendo magari dei risultati, ma sapendo
che ogni epoca ha i suoi eroi e sicuramente nella nostra epoca gli
eroi sono altri, non certo i teatranti. Credo inoltre che molti problemi
derivino dal numero enorme di attori in un'epoca in cui il lavoro è sempre meno
e la crisi è forte e adesso lo sarà ancora di più. Non ho soluzioni né idee
geniali per risolvere i problemi della categoria e ho molta ammirazione per chi
ci prova e ci lavora e gli auguro di ottenere grandi risultati che sarebbero
importanti per tutti noi.
Una crisi è il momento giusto per una
ricostruzione. Se fossi un architetto, cosa vorresti ricostruire?
L'unica cosa che davvero mi manca in questi anni e
mi manca sempre e la cerco sempre in ogni cosa, momento o persona, è il
candore inteso nel senso più ampio del termine che abbraccia ogni sfera della
vita, se potessi ricostruire qualcosa ricostruirei il candore nelle persone,
nei progetti, nella vita di tutti i giorni e poi ricostruirei il coraggio;
troppa vigliaccheria in questi anni... tutti a nascondersi dietro qualcosa;
come vedi ricostruirei sentimenti e non cose, credo che la ricostruzione debba
ripartire da lì... dai sentimenti, dalle emozioni...
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