Si sono accesi sguardi ed animi tra le mura del castello di Sarteano (Si) scosso dal vento, in una notte di nuvole e luna simile a quella in cui Rilke compose il suo famoso canto.
Non un alfiere ma una donna (Gabriela Corini) con saio e il volto dapprima coperto e rapito dall’estasi dell’amore e dall’oblio della morte, narra la storia di Christoph, così simile a quella di giovani strappati alla vita da un’inutile, inspiegabile guerra.
Come linguaggio i versi in prosa dell’autore boemo ed i gesti, il canto, la voce squillante e soave di Gabriela, illuminata dalla luce fioca di una notte fatale, burrascosa eppure incantevole.
La malinconia del giovane tedesco confinato in Ungheria e lontano dai suoi affetti, dall’amata madre e dalla bionda fidanzata, fa da controcanto all’ira ingoiata e sputata al vento da Gabriela che trascina sulla sabbia il suo immenso dolore per le vittime innocenti destinate ad un viaggio senza ritorno, ad un’ineluttabile e prematura fine.
Buio ricordo rischiara il cuore e la mente e lacrime scendono copiose nel volto di chi canta gli ultimi attimi della vita di un diciottenne. Ed è subito luce ed è subito amore e consenso di un pubblico
attonito di fronte a tale bellezza. Rendere l’opera d’arte così vicina, autentica, viva, è il pregio di questa artista che predilige l’essenza e l’interiorità, ossia i luoghi dove c’è la vera luce. Ed è lì che bisogna giungere. E’ da lì che si deve partire. Dalla poesia al cuore.
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