Dal 20 Settembre al 6 Ottobre ore 20,45.
Domenica ore 18.00 (esclusi i lunedì)
GIULIO
CESARE
regia di Daniele Salvo
traduzione e adattamento di Daniele Salvo
Produzione Politeama S.r.l.
Nel Settembre 1962
Pier Paolo Pasolini definisce il fascismo «come normalità, come
codificazione, allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente
egoista di una società.»
Alla domanda: “Il
fascismo sta tornando?” oggi si può forse rispondere con un’altra domanda: “E
se in realtà non se ne fosse mai andato?”.
Nel nostro Paese, i segni di un ritorno del fascismo sono numerosi e non
sono solo di oggi, anzi sono rintracciabili lungo il corso di almeno gli ultimi
trent’anni. Il prevalere delle destre sulla scena politica nazionale ed
internazionale, la rivalutazione dei nazionalismi, dei confini, dei
protezionismi, l’insorgenza sulla scena politica e sociale dei “nuovi fascisti
del terzo millennio”, l’avvento del razzismo dilagante verso lo straniero e il
diverso, la diffusione di un sentimento di rancore che si manifesta nella
sfrenata caccia al capro espiatorio, fanno purtroppo pensare a questo. Le Furie
non si sono mai placate, hanno solo finto un pentimento, non sono state
neutralizzate dalla società civile, in realtà non sono mai state trasformate in
Eumenidi da Atena. Restano invece sepolte alle radici della nostra società,
inquinano le falde più profonde della società civile, ammorbano i sentimenti e
i valori più puri. Le Furie, oggi, travestite da divinità protettrici, occupano
i Palazzi del Potere, dispongono delle vite di ogni cittadino, inscenano
teatrini di falsa politica, orientano consensi e dissensi con i loro volti
televisivi ammiccanti e tranquillizzanti.
Shakespeare ci parla di tutto questo: di un potere cieco, assoluto, del
culto della personalità, della manipolazione delle masse attraverso l’uso del
linguaggio e dell’immagine pubblica, di un popolo senza volto alla ricerca
ostinata di un Leader, popolo senza dignità, dalla sfrenata voglia di gogna,
popolo in pieno delirio narcisistico, che muta opinione in base alle promesse
del più abile imbonitore. I congiurati vogliono instaurare la Repubblica.
Sono giovani, motivati, idealisti e vogliono sopprimere l’ingiustizia e l’abuso
di potere. Ma si riveleranno vulnerabili, fragili, privi di qualsiasi abilità
politica, troppo ingenui nella loro presunta umanità colma di ideali. Sono
creature fragilissime, preda di paure e terrori notturni, vittime del destino.
Giulio Cesare è creatura onnipotente,
sovrannaturale, dai lineamenti trasformati, cancellati, multipli. Il potere sommo è in maschera
e si identifica con essa: la maschera muta la personalità, sconvolge la mente, cela le
vere intenzioni del Leader assoluto, l’uomo dei “pieni poteri”. Nel nostro
spettacolo lo stesso attore che interpreta Giulio Cesare, nella seconda parte,
senza maschera, rivestirà il ruolo di Ottaviano, l’uomo nuovo, artefice di
inedite alleanze di governo: purtroppo tra il vecchio e il nuovo non c’è alcuna
differenza. Non serve “attualizzare” la scrittura di
Shakespeare, è attuale di per sé.
I costumi fanno riferimento ad
un’epoca fascista contaminata da elementi di classicismo. Vorrei suggerire in
questo modo l’idea di un fascismo latente, insopprimibile, nel popolo italiano
e con esso l’idea di un “fascismo degli antifascisti”, che inevitabilmente
riporterà il Paese ad un nuovo sistema totalitario e ad un nuovo governo di
stampo inequivocabilmente fascista (quello di Cesare Ottaviano). Pensando
ancora a Pier Paolo Pasolini: “il fascismo è, se
non proprio — come per Gobetti — “l’autobiografia
della nazione”, sicuramente l’autobiografia
della borghesia italiana.
Il fascismo è la
plastica, violenta concretizzazione della grettezza borghese, del razzismo
borghese, della sorda, vigliacca, depravata crudeltà borghese.”
Il
disegno luci riproduce una Roma tetra,
attraversata da temporali furiosi, lampi di luce improvvisa, deboli fiaccole e bracieri, simbolo
del profondo buio interiore in cui sono
calati tutti i personaggi del Giulio Cesare.
Note di regia
In un buio assoluto, nelle strade di una Roma rischiarata solo da fiaccole e bracieri, appaiono i personaggi del Giulio Cesare, figli della Storia e del loro inevitabile destino, creature del passato, ossessioni che visitano brevemente il nostro tempo. Gli attori interpretano le loro parti identificandosi in prima persona con i personaggi, confrontandosi con loro in modo ravvicinato, intimo, come fossero persone reali, senza “stili” o cliché teatrali precostituiti. Così i personaggi prendono vita lentamente dalla memoria del poeta.
Con l’ausilio di maschere di lattice che riproducono perfettamente le fattezze umane, 28 attori rivestono i 45 diversi ruoli del “Giulio Cesare”, conducendo uno studio approfondito sull’opera shakespeariana. Si tratta di un “sogno teatrale” fatto di rigore, necessità, serietà e determinazione. Si cerca un linguaggio immediato, che indaghi sulle motivazioni profonde di composizione di un verso, di una battuta, si cerca la “verità” degli stati emotivi, il rapporto di necessità fra l’attore e ciò che viene detto. La poesia e il Teatro hanno un linguaggio sintetico e come tale vengono da noi affrontati: non è possibile mentire o “far finta”, applicare formule o stili precostituiti. Analizzando questa grande opera di William Shakespeare e il percorso di questi piccoli uomini dal destino già determinato, ritrovando le tracce delle loro vite reali nelle opere di Plutarco (da cui Shakespeare attinse a piene mani), abbiamo preso coscienza di quanto la Storia si ripeta incessantemente, di quanto la società controlli lo spirito umano, di quanto interferisca pesantemente nei meccanismi creativi ed educativi, di quanto il consenso e il dissenso siano fenomeni pilotati, di quanto la politica entri spesso in conflitto con la nostra vita quotidiana, di quanto la nostra Libertà sia qualcosa di illusorio ed effimero. Per questo vogliamo parlare con le parole di William Shakespeare grande poeta dallo sguardo rivolto al futuro.
Daniele
Salvo
Interpreti
(in ordine alfabetico)
Decio Bruto,Lepido, Messala FRANCESCO BISCIONE
Indovino, Cinna poeta, soldato SIMONE BOBINI
Metello Cimbro, Cicerone, soldato SIMONE CIAMPI
Bruto GIANLUIGI
FOGACCI
Portia, il Destino MELANIA
GIGLIO
Lucio, Stratone,, plebeo ALESSANDRO
GUERRA
Calpurnia FLAVIA
MANCINELLI
Trebonio,Lucilio, soldato ALBERTO MARIOTTI
Giulio Cesare, Spettro di Cesare, Ottaviano MASSIMO
NICOLINI
Artemidoro, Pindaro, soldato GIUSEPPE NITTI
Cassio GIACINTO PALMARINI
Marc’Antonio GRAZIANO
PIAZZA
Cinna, Titinio, soldato ANDREA ROMERO
Casca CARLO
VALLI
Plebei,
soldati, messi, servi:
Massimiliano
Auci, Antonio Bandiera, Andrea Carpiceci, Micol Damilano, Matteo Magazzù, Alessandro Marmorini, Dimitrios Ioannis Papavasileiou, Riccardo
Parravicini, Daniele Ronco,
Roberta Russo, Giorgia Serrao, Giovanni Tacchella, Luca Viola, Francesca Visicaro
SCENE
Fabiana Di Marco
COSTUMI
Daniele Gelsi
MUSICHE
Marco Podda
CANTI DAL VIVO
Melania Giglio
ASSISTENTI REGIA
Alessandro Gorgoni, Alessandro Guerra
MASCHERE
Michele Guaschino e Makinarium di Leonardo Cruciano
COMBATTIMENTI SCENICI
Antonio Bertusi
DIREZIONE TECNICA
Stefano Cianfichi
LIGHT DESIGNER
Umile Vainieri
SOUND ENGINEER
Franco Patimo/Daniele
Patriarca
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