Torna al Sala Umberto il racconto dei racconti: La bastarda di Istanbul.
Dopo il successo ottenuto nella scorsa stagione e gli applausi del pubblico e l'apprezzamento della stampa, Asya (Diletta Oculisti), la bastarda che nasce in condizioni misteriose, è la depositaria di una storia da conoscere e raccontare. Sua madre, la bellissima Zeliha, è la più giovane di quattro sorelle e un fratello, che vivono in una vecchia abitazione con la mamma Gulsum (Marcella Ermini) ad Istanbul. "Zeliha è una donna indipendente a cui il destino ha dato un corpo eccezionale, è una delle donne più alte di Istanbul, è molto appariscente e vive questa sua dimensione fisica al massimo delle sue potenzialità, ama gli accessori appariscenti, il trucco e le minigonne" come afferma nell'intervista colei che la interpreta Valentina Chico e il cui personaggio "rappresenta l'anima più sfrontata della Turchia". Zeliha vuole sfidare i giudizi degli altri e le convenzioni. "L'unica gerarchia che riconosce è quella della sua famiglia, da cui è accolta e della storia sarà la vera interlocutrice di quello che poi è il segreto che lei si porta dentro, il suo dramma, la sua ferita. Prosegue Valentina "Abbiamo una Zeliha nel presente e una Zeliha nel passato che emerge alla fine dello spettacolo e che ci apre finalmente uno squarcio su quella che è la motivazione che porta questo personaggio a un'indifferenza, a mettere una corazza nei confronti del mondo perché lei si porta dietro questo segreto".
Riconosco fin dalla prima volta che l'ho visto, un'autonomia dello spettacolo rispetto al romanzo grazie all'ottimo lavoro registico di Angelo Savelli e alla capacità degli attori di creare un racconto. Sembra infatti che il pubblico stia sfogliando delle pagine di questo romanzo. Valentina Chico mi ha spiegato che "la particolarità dell'approccio nel lavoro attoriale che ognuno di noi ha dovuto affrontare, la sfida vera, è quella che ci ha proposto il regista ossia un'operazione in cui il racconto e quindi la prosa, rimane conservata ed è la trasposizione di un romanzo, ma nello spettacolo sono mantenuti i due linguaggi: quello del discorso diretto con scene in cui interagiamo e quello del personaggio che racconta se stesso in terza persona".
"Il raccontare - conclude Valentina - diventa un altro protagonista del romanzo e dello spettacolo. Il tempo del racconto è il tempo del passato. E' un raccontare come noi decidiamo di ricordare le cose. C'è una battuta molto bella di Banu, il personaggio che interpreta Serra Yilmaz la quale dice: Perché chiediamo le cose che chiediamo, perché ricordiamo le cose che ricordiamo? e da lì parte un altro tema che è quello della rimozione storica, ossia il tema di questo spettacolo, relativamente al genocidio armeno e di questo dramma familiare. Raccontandoci in terza persona, consegniamo al pubblico il personaggio e il pubblico può girarci intorno come se fossimo una sorta di scultura ed è possibile vedere di noi anche quello che noi nel discorso diretto non diciamo e quindi siamo personaggio e siamo tutti un po' l'autrice".
L'intervista con Valentina Chico ha illuminato alcuni punti dello spettacolo che ho visto, apprezzato e recensito a marzo.
Ne consiglio la visione perché immergersi nel passato è un modo utile e costrittivo per comprendere il presente in cui viviamo.
di Tania Croce
Un'intervista utilissima per capire la complessa costruzione di questa bella e interessante piece. Una bravissima attrice che interpreta un personaggio di enorme personalità. Spettacolo da vedere, originale. Bel colpo, complimenti a entrambe.
RispondiEliminaSono d'accordo caro Prince! Grazie per le tue utili osservazioni e per il tuo apprezzamento!
Eliminabellissima intervista e recensione...doppio chapeau Tania croce !!
RispondiEliminaTi ringrazio Nunzia! Mi emozionano le tue parole e questo lavoro! Mi è piaciuta molto l'intervista così ho scelto di utilizzarla per illustrare l'immenso lavoro registico e attoriale che c'è dietro questo meraviglioso spettacolo!
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