Dopo aver seppellito il suo estro creativo, il talento e l'amore per Lord Douglas nei due anni di lavori forzati che lo minano nell'animo e nel fisico, Wilde indossa per l'ultima volta gli abiti di scena e torna alla ribalta, nella ville lumière, avvolto dallo stordimento provocato dalla fata verde (l'assenzio) e con il nome di Sebastian Melmoth.
E' così che l'attore e regista Rupert Everett, rappresenta l'immenso scrittore irlandese, nel film "The Happy Prince", un tributo appassionato all'uomo pentito per la sua condotta e per aver fatto soffrire la devota moglie Constance Lloyd, scrittrice e giornalista, con cui tenta di ricongiungersi invano. I due figli, che ispirarono le fiabe lette loro in tenera età, vivono del suo amore riflesso perché a Londra non è ben accolto e stimato come accadeva in passato. A Parigi in un esilio dolceamaro, consuma gli ultimi anni della sua esistenza tra baci rubati, il conforto degli amici, la compagnia di due ragazzini di strada a cui racconta le sue fiabe come faceva con i figli.
Non sa rinunciare alla presenza di Douglas, il ragazzo che non ha dimenticato e che lo ha portato alla rovina.
Il film mi è piaciuto molto per le suggestioni che il regista e interprete di Wilde ha saputo creare, immergendosi nello spirito dello scrittore con immensa passione e dedizione. Toccante è il viaggio a Napoli e la grandezza interiore che sopravvive alla povertà e alla rovina. Fondamentale è il riferimento al Principe Felice, che come Oscar è privato di tutti i suoi averi e che dà il titolo al film. Il fascino esercitato dalle opere di Wilde è indissolubilmente legato ai suoi vizi e come lui stesso scrisse "Tutte le persone affascinanti sono viziate. Ecco il segreto del loro fascino".
L'aforisma citato è contenuto nella raccolta Aphorisms, data alle stampe nel 1901, un anno dopo la morte dello scrittore, da Robert Ross, suo esecutore testamentario, con la firma di Sebastian Melmoth, il nome adottato da Wilde in esilio quasi come un ironico omaggio al suo prozio Charles Robert Maturin, autore del famoso Melmoth the Wanderer.
L'aforisma citato è contenuto nella raccolta Aphorisms, data alle stampe nel 1901, un anno dopo la morte dello scrittore, da Robert Ross, suo esecutore testamentario, con la firma di Sebastian Melmoth, il nome adottato da Wilde in esilio quasi come un ironico omaggio al suo prozio Charles Robert Maturin, autore del famoso Melmoth the Wanderer.
di Tania Croce
Splendida recensione...film da vedere !!
RispondiEliminaTi ringrazio per le tue belle parole e il film è da vedere!
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