Zingaro mostra il padre di tutti gli avari all'Arcobaleno

“Niente è più effimero di uno spettacolo teatrale. La sua esistenza è infatti legata alla passeggera e simultanea simbiosi di attori, pubblico e rappresentazione…” Così scrisse lo storico Niall W. Slater, nel saggio “Plautus in performance” dove tenta di analizzare il teatro, considerandolo un “informe assemblaggio dall’eterno divenire”.
La commedia della Pentola di Plauto in scena al teatro Arcobaleno, nell’adattamento di Vincenzo Zingaro il quale ha attinto alla traduzione del latinista Ettore Paratore, è tra le opere più note del commediografo latino e che pur essendo incompleta, ha ricevuto un finale nel XV secolo, dall’umanista Urceo Codro. Così l’avaro Euclione nei secoli si è trasformato nell’Arpagone di Molière e poi nello Scrooge di Dickens fino a ispirare Disney che ha dato a zio Paperone, le caratteristiche del vecchio avarissimo personaggio plautino.
Zingaro ha immaginato che la vicenda ha inizio in un magazzino di scenografia, nella periferia italiana ai giorni nostri, dove un guardiano di origine slava, una notte, trova per caso un libro e s’immerge nella lettura de l’Aulularia di Plauto. Il guardiano si addormenta e inizia a sognare. Dalla sua visione onirica prendono vita tutti i personaggi della commedia plautina e nella traduzione di Paratore, l’avaro Euclione è Tienichiuso (Ugo Cardinali), la vecchia serva Stafila diventa Uva (Laura De Angelis), il ricco vicino Megadoro è Regalone (Rocco Militano), il cuoco chiamato per cucinare il pranzo nuziale tra Regalone e la figlia di Tienichiuso, sarà semplicemente Cuoco e Lupacchiotto, di cui veste i panni il bravissimo Fabrizio Passerini. La sorella di Regalone, nella versione plautina chiamata Eunomia, è nell’adattamento di Zingaro Elegantona (Annalena Lombardi) e il guardiano slavo è Trottola (Piero Sarpa) che salta e ruota come una vera trottola tra i personaggi che come i tòpoi latini, ossia i tipi fissi, si muovono come degli attori della Commedia dell’Arte sul palcoscenico e tra il pubblico, evocando la Roma cosmopolita del III secolo a. C. così simile alla nostra attuale città e a cui Plauto attingeva.
L’avarizia di Tienichiuso, lo rende accigliato, persino cattivo e privo di nobili sentimenti e Ugo Cardinali, lo rappresenta con eleganza e verosimiglianza. Al suo fianco spicca il cuoco pulcinella, l’esilarante Fabrizio Passerini che diverte e stupisce, ricordando gli attori della citata Commedia dell’Arte, che s’ispirarono a Plauto.
Un Plauto che come Lare, (la divinità protettrice del focolare domestico), ha una tv ossia l’oggetto mediatico che si muove con la luna piena nello sfondo e custodisce i valori di cui si fa portavoce.
Un’interpretazione provocatoria e originale quella di Vincenzo Zingaro secondo cui “gli antichi meccanismi del teatro plautino sono il fondamento di una vis comica dalle forme e dai contenuti sempre attuali”.


La vicenda del vecchio avaro Tienichiuso è al teatro Arcobaleno fino al 4 febbraio 2018 e sarà bello farsi contagiare dalla malattia che divora l’anima: l’avarizia del protagonista, che è il tema centrale dell’opera senza tempo di Plauto, il fondatore del teatro moderno.





La mia recensione in bacheca al teatro Arcobaleno:
http://ilgiornaleoff.ilgiornale.it/2018/01/17/a-teatro-un-avaro-sorprendentemente-attuale/



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