All'interno della Rassegna al femminile Una stanza tutta per lei al Brancaccino, questa sera è stato bello assistere a Le difettose, un monologo a sette voci, quelle dei personaggi naufragati nell’odissea della fecondazione assistita.

Poi c’è l’infermiera che assiste annoiata a questa comunità di ‘difettose’ che si sentono incomplete senza poter partorire un figlio che le renderebbe finalmente ‘normali’.
Tra ovuli da fecondare, sale d’ attesa, flebo, stress finalizzato al desiderio di avere un figlio, le donne perdono di vista alcune priorità, persino il legame col proprio compagno, in questo caso Marco, che tenta di comprendere invano la donna che ama. Quando si superano i 40 anni è complicata, non impossibile, una gravidanza ma c’è la conquista di se stessi che viene prima di tutto. La vita passa senza rendersene conto e poi si piange per il tempo perduto e ci si lamenta di averne ormai poco per realizzare il sogno di diventare madri, però come ricorda Seneca, “Non è vero che abbiamo poco tempo, la verità è che ne perdiamo molto”.
Le figure familiari, come la mamma o la nonna, affiorano come gli affetti veri e da cui ripartire per conquistare la consapevolezza che essere donna è dignitoso, con o senza un figlio.
Bella la regia di Serena Sinigaglia che fa indossare a una formidabile Emanuela Grimalda i panni dei sette personaggi con tale disinvoltura da far credere che sulla scena si siano realmente alternati Carla, l’anziana infermiera, l’amica Katia, Marco, la mamma, la nonna, la dottoressa Tini incapace di spiegare il mistero della vita e Thiago, l’esotico maestro di metodi ‘alternativi’.
Tutti uniti nell’universo interiore della protagonista, nata dalla penna di una donna, una madre che descrive una tematica difficile e delicata con ironia e consapevolezza.
E’ un monologo straordinario e commovente, che sa essere divertente grazie alla bravura di Emanuela Grimalda. Le difettose sarà in scena fino al 7 maggio 2017 al Brancaccino.
di Tania Croce
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