Graziano Piazza, attore, regista e insegnante, sarà dal 19 al 23 aprile 2017 al Piccolo di Milano, con Lampedusa Way, la terza parte della trilogia dedicata al dramma migratorio, impegnato nella Pentesilea di Lina Prosa e nel Riccardo II con Peter Stein. Lo incontriamo per Off e ci svela la missione dell’attore.
Quale episodio Off
vuoi raccontarmi?
Ce ne sono tanti ma uno in particolare
risale all’87 e al provino con Peter Stein. All’epoca stavo facendo il CAR e tutte le mattine davanti all’adunata
dei militari, chiesi di parlare col comandante e la mia richiesta venne
respinta. Insistei e loro:“Piazza che cosa vuole” e io urlai:“Io devo andare a
Roma perché devo fare un provino importante per la mia vita” e questo davanti a
tutti i militari e lì c’era il comandante che mi rispose:“No, non è possibile,
al CAR non ci si può muovere”. Questa richiesta avvenne per parecchio tempo
finché un giorno urlai:“Devo andare a Roma a fare il provino!” e mi risposero
“Piazza lei deve smetterla con questa storia, lei non si può muovere, al che
dopo una pausa io gridai: “E io mi
uccido!”. Ci fu un silenzio totale e dopo due giorni ebbi la possibilità di
essere mandato a Roma, in licenza e andai a fare il provino con un carico di
necessità e di motivazione molto grande.
Cos’è il teatro di fronte a
questa missione che l’attore ha di condurre il pubblico verso un’esperienza
reale rispetto all’esperienza virtuale con cui noi tutti oggi siamo abituati e
dipendenti per certi versi?
Quando ho fatto Oreste nel 2000 a Siracusa, l’opera
diretta da Piero Maccarinelli, nei momenti di maggiore emozione, il pathos, la
commozione vera sono stati quelli in cui qualcuno scattava la foto col flash e
ciò accade perché oggi si ha paura della
propria memoria.
Quindi si ha l’impressione di aver vissuto una
cosa soltanto se la si può condividere?
Noi sappiamo che la scienza ci
dice che la mente non distingue tra ciò che è reale e ciò che non è, la meraviglia può essere veramente
quella di poter dire alla tua mente che
ciò che tu stai vivendo, il tuo dato reale, è vero. Ormai questa verità forse bisogna ritrovarla nel codice teatrale, che non è nemmeno
più il codice del cinema che ti fa più o meno immedesimare con grandi mezzi, ma
è sapere che ciò che vivi, è reale. La missione ha a che fare fortemente con il
creare una memoria di consapevolezza della realtà che si sta vivendo, è come se
ci fosse una paura di perdere la possibilità di vivere l’esperienza di un’alba
di un tramonto, di un evento naturale e nel momento in cui la vivi
profondamente dentro di te è come se valesse di meno se non l’hai immortalata e
condivisa. Come dico sempre ai mie allievi: “Desdemona non può morire sennò
bisognerebbe avere un’attrice a sera per poter lavorare”. Quanto più uno è
abituato a poter imprimere alla propria mente che ciò che sta vivendo è reale,
facendo a meno del telefonino e di una serie di dispositivi, fermando l’attimo
con una foto, tanto più diventiamo
coscienti della nostra capacità della memoria di essere i migliori computer naturali che esistono al mondo e
nell’universo perché abbiamo una mente che è fatta a immagine dell’universo,
secondo me, questa è una risorsa del
teatro. La missione dell’attore
quindi sia quella di diventare testimoni,
di creare un testimone che quello che stiamo vivendo sia reale e credo sempre
più sarà un problema che dovremo affrontare e il teatro sarà un buon luogo dove
potersi divertire, gioire e identificarsi nel dolore e nelle diverse emozioni
suscitate.
Parlami dei prossimi progetti
teatrali
Sono stato a Milano fino al 2
aprile 2017 con L’Aiace di Ritsos, interpretato
da Viola Graziosi. Abbiamo avuto un grande successo, siamo stati al Salone
Pacta, un luogo ricco di storia. E’ una bella cosa che mi vede come regista ed
è un piacere lavorare con un’attrice come Viola perché è sensibile e riesce a
sviluppare questo discorso della testimonianza. In questo momento qua, è davvero
importante perché per far sì che il mito esista, dev’esserci un testimone in
grado di poter incarnare le parole, la trasmissione del mito.
Verrete a Roma con l’Aiace?
Verremo ai primi di maggio al
Teatro Lo Spazio di Roma. E’ un piccolo gioellino, una chicca, un modo per
vivere con leggerezza, una serata piacevole.
Piazza ha partecipato come interprete e protagonista e vinto
diversi premi Ubu come migliore spettacolo, lavorando con grandi registi
nazionali e internazionali: Luca Ronconi in Infinities o Der
Park di Peter Stein, ha
interpretato vari drammi shakespeariani come Re Lear, ultimo Misura per
Misura di cui è stato interprete e regista e ha portato in Italia con
estrema maestria, il personaggio di Sad
nel monologo di Schneider Dreck (Schifo) diretto da Cesare Lievi e il Calderón di Pasolini con la sapiente
regia di Federico Tiezzi.
Nessun commento:
Posta un commento