in uno spettacolo dove traghetta la disperazione di un uomo
condannato al niente dalla sua stessa consapevolezza e il niente è un posto
inquietante e pieno di dolore, ma l’unico possibile in una società fatta di
uomini incapaci di coesistere dignitosamente. Il personaggio descritto
minuziosamente dal romanziere russo, ne «Il sottosuolo» di Argirò, ha la voce e lo sguardo
intenso e impenetrabile del carismatico Edoardo Siravo, che lascia ai posteri
oppure a se stesso, nel tempo limitato di una vita, le memorie di un uomo erudito,
sensibile eppure incapace di esprimere sentimenti nobili e duraturi. Pare che
la riluttanza verso le cure mediche, indispensabili per il mal di fegato, dimostrano
il desiderio di provare piacere nella sofferenza fisica. L’interlocutore
privilegiato del protagonista è il pubblico, ma sulla scena è il fedele e
rassegnato servo, l’impeccabile Renato Campese, per suggerire al padrone, il
dovere e l’urgenza di vivere, mentre la sua esistenza appare come una visione
appannata, un foglio ingiallito come le pagine di un vecchio diario. Il
sottosuolo è il regno dove Siravo sostiene a fatica lo scettro di un re
detronizzato, indossando i panni di un uomo finito che vuole ricordare a Lisa,
la giovane e bella prostituta interpretata da Silvia Siravo, che incontra in
una casa di malaffare, la bellezza della vita, persino dell’amore.
di Tania Croce
In foto Edoardo Siravo
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