Accecato da uno
sfortunato ammaraggio e dalla sua passione carnale e al tempo stesso sacra per
le donne, con una particolare predilezione per Eleonora Duse, che sarà la
compagna delle sue ore solitarie, il poeta ispirato e colto, ammirato e contrariato,
alleato e ostile alle idee politiche del momento, amico e nemico di Mussolini, amante
e infedele, si erge e brilla sul palcoscenico del Quirino, col volto e la sobrietà
di Edoardo Sylos Labini, per essere ricordato, decantato, compianto, il suo
nome è Gabriele D’Annunzio.
Convinto che la
potenza delle parole di un poeta sia immortale rispetto alla forza evocativa
della recitazione che muore con l’attore, D’Annunzio s’incontra e scontra con
la Duse, in una delle scene più intense dello spettacolo carico di significati,
segni e segreti. Sono straordinarie le prove teatrali della “Città morta”, dove
lo scrittore ha la presunzione di correggere le battute e sottomettere l’attrice
con la forza di un amore celato dal suo egocentrismo e da una vanità
incontenibile. Altrettanto bella la versione della “Pioggia nel Pineto”,
declamata con tale passione e ardore, da meritare l’applauso di un pubblico
sedotto e complice.
La grandezza e la
miseria dell’uomo, del poeta, del Vate degli italiani, è raccontata da Sylos
Labini con tale eleganza e umanità, da incantare la platea del teatro Quirino nella stessa maniera in
cui accadde con la pièce su Nerone.
Apprezzabile il
testo da cui è tratto lo spettacolo: “L’amante guerriero” di Giordano Bruno
Guerri e la vistosa regia di Francesco Sala, la splendida musica di Antonello
Aprea, le scene e gli straordinari costumi di Maria Crisolini Malatesta. Brave
anche le attrici che hanno recitato con Labini: Giorgia Sinicorni, Evita Ciri, Chiara Lutri, Paola Radaelli e Viola Pornaro nei panni della Duse. “Io
ho quel che ho donato perché nella vita ho sempre amato” recita Edoardo/Gabriele, alla perfezione.
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