L'ingestibile caos umano, drammatico e inaccettabile, è affidato al messaggero, personaggio che nella tragedia greca, aveva la funzione di narrare i fatti avvenuti fuori della scena, che nel teatro greco non erano rappresentati ma raccontati.
E così, avvolto da un telo bianco, entra in scena Sebastiano Tringali, nel suggestivo palco allestito nell'Area Archeologica di Malborghetto, per narrare e descrivere alla comunità, quanto avvenuto e questo racconto è legittimato dalla comunità stessa, la quale resta in attesa di una notizia, un esito, una conclusione, un vincitore, un vinto.
E così, avvolto da un telo bianco, entra in scena Sebastiano Tringali, nel suggestivo palco allestito nell'Area Archeologica di Malborghetto, per narrare e descrivere alla comunità, quanto avvenuto e questo racconto è legittimato dalla comunità stessa, la quale resta in attesa di una notizia, un esito, una conclusione, un vincitore, un vinto.
La verità si rivela con dolore perché è un macigno insostenibile e di questo peso si fa carico il messaggero, straziandosi per i morti che non potranno tornare a vivere, per le scelte compiute da genitori e figli. Ma oggi più che nell'antica Grecia, a pochi interessa conoscere quanto è avvenuto, come avvenuto, perché manca la comunità, sparpagliata, spaesata, disinteressata e il compito del messaggero, le sue riflessioni profonde, si riducono a uno sforzo sterile e sordo.
Con estrema sensibilità Gatti dirige Tringali, in questo spettacolo dove la danza e il testo si fondono in un messaggio che riempie ogni assenza, e quella di ieri sera è stata una comunità preziosa e impreziosita dalla figura del messaggero e dalle sue parole piene di umanità che ci rendono tutti uguali nel comune destino, proprio come Edipo, accecato dalla sua stessa follia e dalla disperazione, addolorato da una vita da cui era stato ferito a morte.
di Tania Croce
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