Sono passati 15 anni eppure la divisa di Ninetto il vetturino, è indossata magnificamente da Massimo Wertmuller, forse perché gli è stata cucita addosso in maniera impeccabile da Pierpaolo Palladino, l'autore di un testo amato da tutti, ma soprattutto dai romani e anche da coloro che come "Il pellegrino", alla fine dell'800, hanno visitato la città Eterna.
Il palcoscenico, a partire dalla prima battuta, si trasforma in un cinematografo, dove scorrono le immagini della Roma papalina, quella di Pio VII°, evocate da Wertmuller, vetturino al servizio del cardinale Caracciolo, oppure Conte, oste e zuavo, liberale e rivoluzionario; Entra ed esce dai panni di 26 personaggi, coi loro vizi e le umane debolezze, nel suo monologo accorato e nostalgico, da sedurre e incantare il pubblico in questo viaggio dentro una Roma sparita.
Una città poco ospitale, apparentemente, accoglie con tutto il cuore il pellegrino che sceglie di visitarla, e se ne innamora, ma non è solo Roma a sedurlo, c'è una donna francese, molto nota e irraggiungibile, pericolosa. Il fascino di Paolina, droga il 'Contino', come lo chiama Ninetto, il fedele Sancho Panza di questo Don Chisciotte milanese che, per inseguire il suo amore impossibile, finirà nelle prigioni di Castel Sant'Angelo.
Un poetico quadro da vedere e rivedere quello dipinto da Palladino e Wertmuller, con la splendida cornice di Pino Cangialosi al fagotto e percussioni, e accanto all'autore delle musiche, c'è Fabio Battistelli al clarinetto.
Incanto e magia al Sette, il teatro diretto da Michele La Ginestra, che mi piace definire 'la culla della romanità'.
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